Il 21 agosto 2018 in gran parte del centro abitato di Taranto si è registrato odore di gas; poche ore dopo l’azienda Eni ha provveduto a trasmettere al Ministero le informazioni sulle cause, cioè un blocco degli impianti della Raffineria, con conseguente convogliamento dei gas in torcia, provocato dai fulmini e dai violenti temporali che, in quella giornata, si erano abbattuti sull’intera provincia di Taranto. I test sugli inquinanti hanno dato risultati che ISPRA ha definito inferiori ai valori limite stabiliti nell’AIA. Nella successiva ispezione disposta dal Ministero, ISPRA ha accertato che i dati registrati risultano conformi alle prescrizioni fissate nell’AIA, ha preso at-to delle misure individuate dal Gestore per migliorare l’affidabilità elettrica della Raffineria e indicato le ulteriori azioni da intraprendere al fine di evitare il ripetersi di eventi – seppur da considerare remoti. Gli esiti dell’ispezione straordinaria sono disponibili per la consultazione sul sito istituzionale del Ministero. Per quanto riguarda l’ipotesi di sversamenti in mare, il Gestore ha dichiarato che, in occasione dell’evento, in conformità all’AIA, è stato attivato lo scarico di emergenza (scarico B) di acque meteoriche di seconda pioggia, informando preventivamente la Capitaneria di Porto che è intervenuta insieme all’ARPA Puglia per campionamenti in loco. Il Gestore ha anche trasmesso al Ministero una relazione relativa alla verifica del sistema di raccolta e trattamento delle acque meteoriche, proponendo interventi di risanamento, eventualmente necessari, compreso l’adeguamento dell’attuale sistema di trattamento delle acque reflue.
Le attività monitoraggio sperimentale a livello nazionale disposte dal Ministero dell’ambiente, sono state condotte dall’SNPA nei mesi di febbraio – marzo 2018 su un numero complessivo di 302 stazioni relative a 20 tra Regioni e Province autonome, di cui 185 stazioni delle acque superficiali e 117 stazioni delle acque sotterranee; sono state effettuate 3186 determinazioni analitiche. Il numero di stazioni campionate è stato molto variabile da Regione a Regione. In 150 casi (il 14% del totale) sono state rilevate concentrazioni pari o superiori al limite di quantificazione, distribuite in maniera non uniforme sul territorio nazionale ma che interessano tutte le Regioni e le Province autonome investigate. In particolare, tra i PFAS ricercati nelle acque superficiali, soltanto PFOS e PFOA raggiungono concentrazioni superiori agli Standard di Qualità Ambientale-Media Annua (SQA-MA). Solo per il PFOS si sono registrati 83 superamenti dell’SQA-MA, pari al 45% dei casi; per il PFOA sono stati registrati 7 superamenti del valore dell’SQA-MA e tutti nella Regione Veneto. Nelle acque sotterranee, come per le acque superficiali, tra i PFAS ricercati, soltanto PFOS e PFOA hanno fatto rilevare casi di concentrazioni superiori ai valori soglia fissati per le acque sotterranee.
L’attività del Ministero dell’ambiente nel merito della specifica situazione di contaminazione delle acque da PFAS nella regione Veneto, si è espletata oltre che con intensa e costante ordinaria attività istituzionale, anche attraverso la ricostituzione del Gruppo di lavoro tecnico che dal 2016 è stato esteso anche ai componenti regionali e all’Agenzia per l’ambiente, diventando il luogo privilegiato del dialogo tra i Ministeri interessati, gli Istituti scientifici di ricerca nazionali, la Regione Veneto e l’ARPAV, allo scopo di condividere informazioni e individuare congiuntamente soluzioni fondate sulle migliori tecniche disponibili. Si segnala, infine, che, sebbene non si disponga ancora di sufficienti dati specifici, anche il settore tessile contribuisce largamente ai rilasci di queste sostanze nell’ambiente. Usi e rilasci dovrebbero, comunque, diminuire in modo sensibile dopo il 2020, per effetto dell’entrata in vigore di alcuni provvedimenti restrittivi già definiti.