Era l’8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier, avviene uno scoppio improvviso dovuto ad un errore umano. Restano intrappolati 262 minatori, più della metà sono italiani di cui 66 abruzzesi. Soffocati dall’ossido di carbonio e avvolti dalle fiamme. Le operazioni di salvataggio furono disperate e proseguirono fino al 23 agosto.
In quegli anni in Italia vi era poco carbone, le potenze vincitrici lo lesinavano agli sconfitti e la produzione era nulla. Tuttavia da noi c’era molta manodopera, tradotto “disoccupazione”. In Belgio la situazione era all’opposto. Nel ’46 infatti i belgi, ricchi di carbone, non volevano fare il lavoro del minatore perché erano coscienti dei pericoli del lavoro in miniera, a causa di malattie come la silicosi. Il governo belga decise allora di importare manodopera dall’estero e molti furono gli italiani a partire in cerca di fortuna: ‘imparate le lingue e andate all’estero’ diceva De Gasperi.
L’Italia era uscita distrutta dalla guerra (ma aveva dei buoni governanti!).
Tra il ’46 e il ’57 arrivarono in Belgio 140mila uomini, 17mila donne e 29mila bambini.
Firmato l’accordo ‘uomo-carbone’, nei comuni italiani iniziarono a comparire dei manifesti che informavano dell’opportunità di lavoro in Belgio presso le miniere.