Questa mattina, in Aula, si è ripresa la discussione sulla proposta di legge riguardante le modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante. (C. 925-A). EccoVi il mio intervento:
“L’emendamento vuole tutelare il collaboratore nel campo dell’informazione ma, in generale quella categoria, in crescita esponenziale nel nostro Paese, che è rappresentata dai giornalisti, così detti free lance. Non hanno alcuna testata in particolare con cui collaborano, o anche sì, ma non esclusivamente, e, sono perlopiù giovani, fra i 25 ed i 40 anni, legati principalmente a corrispondenze locali o aree di crisi, a cui tanti editori sempre più spesso, ma anche emittenti televisive e pubbliche, preferiscono affidare i propri servizi. L’emendamento vuole tutelare una classe debole sul profilo della serenità occupazionale e incoraggiare pure le assunzioni dei precari, che, vivendo una condizione economicamente non stabile, non è giusto che possano caricarsi anche di un onere così pesante come quello di una querela, peggio di un risarcimento danni. Spesso, sentiamo parlare di crisi dell’informazione, ebbene, è un territorio minato questo. Ed invece, la vera informazione dovrebbe prevedere a monte, condizioni di tutela, non solo per i redattori ma anche, pure, per i collaboratori, che, forse, in considerazione della crisi editoriale, potrebbero, anzi quasi sicuramente, non avere mai un contratto redazionale. Non dimentichiamo che spesso un collaboratore esterno, a differenza di un assunto, è costretto a pagare un avvocato di tasca sua. Inoltre, si presume che la struttura gerarchica di un giornale (caposervizio, caporedattore, vicedirettore e direttore) controllino, avallino e titolino l’articolo del collaboratore. Gli addetti del settore sanno che a scatenare il più delle volte le liti giudiziarie sono i titoli e l’impaginazione, che, tra l’altro non competono nemmeno al collaboratore. Infine, un editore è tenuto anche al rischio d’impresa, non può solo guadagnare dalla sua iniziativa editoriale ma ha il dovere morale di difendere e tutelare chi gli consente di andare in edicola, in tv, in radio o in rete. L’approvazione di un emendamento, come quello ora in votazione, sarebbe un’azione volta alla tutela della libertà di stampa e alla tutela di quello che è l’anello più debole dell’intera catena dell’informazione. Attualmente chi non ha un contratto di assunzione, chi non è interno ad una redazione, è totalmente al di fuori di qualsiasi meccanismo di protezione. A ciò si unisce un ulteriore tasto dolente della categoria: spesso i giornalisti sono oggetto di querele temerarie, volte ad intimidirli e a limitare le loro analisi critiche e inchieste. Non sempre queste querele temerarie, purtroppo, si risolvono a favore del giornalista, anche a causa delle differenti forze economiche che si possono mettere in campo. Buona parte dei giornali viene fatta oggi dai collaboratori free lance”. Salvatore Micillo/M5S Camera