Sulle norme che disciplinano il commercio delle borse in plastica non biodegradabile, sia quelle per il trasporto della spesa che i sacchetti per l’igiene degli alimenti o per contenere prodotti sfusi (D.Lgs. 152/2006), preme ricordare che l’obiettivo di riduzione del consumo delle borse di plastica ultraleggere è stato introdotto dalla direttiva 2015/720/UE che, a tal fine, ha modificato la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
Detta normativa comunitaria prevede tra l’altro che gli Stati membri inoltrino, da maggio 2019, i dati annuali sulla riduzione del consumo delle borse di plastica ultraleggere, conseguiti attraverso le restrizioni e divieti di commercializzazione. A tal proposito, si osserva che, mentre il divieto di commercializzazione rappresenta il modo per impedire tout court il ricorso alle buste di plastica che impattano maggiormente sull’ambiente, l’obbligo del pagamento delle borse di plastica trova giustificazione nell’esigenza di ridurne la commercializzazione, incidendo sulle scelte di acquisto dei consumatori, e di rendere palese l’impatto ambientale anche delle buste ammesse dalla normativa per le quali sono necessari, in ogni caso, interventi di recupero nell’ambito della gestione del ciclo integrato dei rifiuti.
Il Ministero dell’ambiente ha fornito chiarimenti sulla disciplina applicabile alla materia in argomento, attraverso le istruzioni pubblicate sul proprio sito istituzionale a gennaio 2018. Ad ogni modo, si rassicura che il Ministero monitora costantemente l’impatto regolatorio delle normative di settore, valutando il raggiungimento delle finalità degli atti normativi, nonché gli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina in vigore.
Il Ministero dell’ambiente, anche se non direttamente competente in materia di ripristino di infrastrutture viarie, finanzia interventi finalizzati alla riduzione del rischio idrogeologico. Le richieste di finanziamento di tali interventi possono essere acquisite e valutate (secondo i criteri fissati dal D.P.C.M. 28 maggio 2015) solo se inserite dalle Regioni nel sistema ReNDiS – web (Repertorio Nazionale degli Interventi di Difesa), allegando la relativa documentazione tecnico-amministrativa. Le richieste vengono successivamente valutate. L’inserimento di un intervento nella citata banca dati ReNDiS non rappresenta, di per sé, garanzia di finanziamento, ma una condizione necessaria affinché l’intervento proposto possa essere valutato ai fini di un eventuale inserimento in successive programmazioni.
Al momento per la Regione Molise sono presenti, nell’ambito del Piano Nazionale 2015-2020, circa 560 richieste di finanziamento, per un importo complessivo di circa 750 Mil€. In particolare, per il territorio comunale di Colletorto ne risultano 4 e, tra queste, l’intervento con la migliore posizione in graduatoria è quello relativo al Corso Vittorio Emanuele, a cui risulta attribuito un punteggio complessivamente medio-alto, essendo al momento sopravanzato da n. 50 altre richieste, per un importo complessivo di circa 88 Mil€. Viceversa, all’intervento relativo alla c.da Pozzo Berardinelli-Macchie risulta attribuito un punteggio complessivamente più basso, essendo al momento sopravanzato da n. 239 altre richieste, per un importo complessivo di circa 295 Mil€. Peraltro, anche la priorità regionale attribuita al predetto intervento non è la massima possibile (priorità B, su una scala AA, A, M, B).