Colleghi deputati,
dopo 21 anni, quest’Aula torna ad occuparsi dell’art.416 ter, e lo fa in prossimità di un anniversario importantissimo: l’attentato al magistrato Paolo Borsellino, che perse la vita a causa di una violenta deflagrazione, in via D’Amelio, a Palermo.
Avevo 12 anni quando appresi dai notiziari televisivi cosa fosse successo ad un valoroso servitore dello Stato portando nei miei valori, da quel momento, il coraggio di un uomo che ha pagato per avere cercato la verità. Borsellino indagava tra l’altro anche sugli appalti che, spesso, sono stati il “pactum sceleris” fra politica e cosche mafiose. Ma non dev’essere più così.
All’indomani della visita di don Luigi Ciotti al Senato, avvenuta il 7 maggio scorso, con noi parlamentari dei “braccialetti bianchi”, abbiamo confermato l’impegno assunto a febbraio di ritrovarci qui dentro – entro 100 giorni dall’elezione – col preciso compito di comprendere, nello scambio elettore o associazione criminale e politico dall’altra, all’erogazione di denaro anche quella di “di altra utilità”. Andando oltre il “vil” denaro. Togliendo quel velo, nemmeno ingenuo, dietro cui politica e mafia fanno affari. Da oggi intendiamo metterci un punto.
Libertà e trasparenza, il nostro programma. Libertà e trasparenza in ogni direzione, chiediamo. Tutto ciò che non rende libero un individuo, finisce per favorire altri individui e, indi, lo sfacelo italiano.
Con questo spirito, avevo presentato il 10 maggio scorso la mia proposta di modifica all’art.416ter mediante C.923-A, senza operare distinzioni tra chi operasse “consapevolmente”, e chi “inconsapevolmente”, il mero scambio elettorale: “io ti do tot numero di soldi, tu mi dai un numero tot di voti”, sapendo che “ignorantia legis non ex-cusat”.
La “legge” intesa come giurisprudenza e legislazione deve rendere consapevole l’inconsapevole, richiamandolo alle sue responsabilità penali laddove, quelle civiche, sono inesistenti; formando una coscienza, laddove, c’è un rapporto mercenario tra il dovere di uomo ed il diritto al voto da elettore.
La legge non può infatti alleggerire le responsabilità di in individuo giustificandolo con : “non lo sapevi, non potevi saperlo, non hai agito, perciò, con consapevolezza” … ma, al contrario, io dico – dovevi saperlo! –
Garantire un voto per riceverne denaro è un delitto, e nei delitti c’è pure le preterintenzionalità. Accettiamo il novellato in esame dell’art.416ter che introduce, oltre al denaro, anche ogni “altra utilità” contrattuale sul banco del “do ut des”, ma non accettiamo il passaggio del “consapevolmente”.
Chi? Può stabilire se un individuo è, o meno, consapevole di quello che sta facendo? Di quale macchina della verità si intende dotare le Procure d’Italia? Posso essere consapevole di un’azione per poi, una volta scoperto, “rinnegarla”, farmi scudo del fatto che non sapessi…la “consapevolezza” per il novellato 416ter andrebbe a stare ora al rapporto di scambio politico-elettorale come “il non era capace di intendere e di volere”, all’atto di compimento di un delitto.
“Consapevolmente” attenuante, l’intento da parte di Pd-Pdl di limare, quella che doveva essere sul nascere, una nuova pagina per la messa in moto dell’economia italiana, sapendo che i programmi ombra di alcuni politici sono il frutto anche di accordi segreti, maturati in campagna elettorale tra quelli che saranno gli appalti da concedere, e la legislatura del parlamentare.
Ed io, giovane del Sud Italia, intendo parlare proprio a nome della mia generazione ,che più di ogni altra, continua a pagare la libertà con cui si sono gestiti nel passato i voti non puliti degli elettori.
In quel “consapevolmente” c’è la soluzione mediata del matrimonio all’italiana Pd-Pdl, cambiare tutto per non cambiare nulla.
Quel “consapevolmente” diventa ancora più gattopardesco se si pensa che l’ambiguità del termine favorirà la deresponsabilizzazione dei due protagonisti: basterà? che uno solo abbia agito senza consapevolezza dello scambio, per assolverlo dall’aver commesso il fatto? Invece, insomma, di avere fatto chiarezza, si è ulteriormente aggravata la situazione.
Sembra un matrimonio da Sacra Rota che, in mancanza del requisito di consapevolezza dell’atto nuziale da parte di uno dei contraenti, si annulla tutto il rito precedentemente fatto.
Con la nuova formulazione della norma il politico che si relaziona con la mafia per ottenere voti viene punito dunque solo se lo fa “consapevolmente”. Mi risulta abbastanza difficile immaginare il politico che si relazioni con la mafia inconsapevolmente, senza saperlo. Per entrare a fondo nella mente di chi ha elaborato questa proposta è tuttavia necessario analizzare approfonditamente l’espressione utilizzata. Sappiamo che il dolo è la volontaria violazione di un dovere giuridico. Ma non basta. All’estensore della norma non basta una formulazione generica del dolo bensì preferisce essere ancora più preciso. L’estensore della norma vuole proprio arrivare alla figura conosciuta come “dolo intenzionale”.
Tale figura di dolo si differenzia dal così detto “dolo diretto”.
Ebbene nel dolo intenzionale il soggetto attivo vuole realizzare, attraverso la sua condotta, proprio l’evento descritto nella norma penale. L’esempio di scuola è chi spara nei confronti di una persona con il fine di uccidere tale persona.
Nel dolo diretto invece il soggetto attivo non vuole realizzare, attraverso la sua condotta, proprio l’evento descritto nella norma penale bensì, tale soggetto attivo, configura tale evento come altamente probabile. L’esempio di scuola è il proprietario di una nave che genera un incendio della sua imbarcazione al fine di farsi pagare dall’assicurazione e nella consapevolezza che cosi operando l’equipaggio morirà.
Senza adesso scendere nello specifico del diritto penale, proprio non si comprende la necessità di precisare l’intenzionalità della condotta del politico che scende a patti con la mafia. La fattispecie punibile è pertanto solo ed esclusivamente quella in cui il politico, attraverso la sua condotta, intende accettare la promessa di voti sporcati dall’intermediazione mafiosa. L’impressione che si potrebbe avere è quasi quella di voler rendere più difficile la prova di un simile reato e di voler tutelare un tale “pactum sceleris”.
Che dire, poi, dell’intervento sulla pena edittale? Il dettato originale prevedeva, nel 1992, una pena che andasse dai 7 ai 12 anni, oggi, portata invece dai 4 ai 10 anni. Più che di inasprimento, parlerei di un ammorbidimento. Non è un’opinione, sono i numeri che parlano da soli.
Nella mia proposta di modifica all’articolo 416-ter, avevo previsto, invece, che: “la pena stabilita dal primo comma dell’articolo 416bis si applichi anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma, del medesimo articolo 416 –bis in cambio dell’erogazione di denaro, o di altra utilità”.
Intervenire sull’art.416ter alla luce degli scandali politici e delle diverse inchieste giudiziarie succedutesi in questi 21 anni successivi al formulato del 1992 era un dovere da parte nostra! Mi permetto solo di ricordare che la stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 20924 dell’11 aprile 2012 ha ritenuto integrato il reato di cui all’articolo 416ter cp laddove l’oggetto materiale dell’erogazione fosse costituito non dalla erogazione di denaro bensì da posti di lavoro.
Non possiamo quindi tacere il fatto che, attraverso l’aggiunta dell’inciso “altra utilità” un grande passo avanti si sta facendo nella tutela del vivere civile e della correttezza dei rapporti elettorali. L’inciso “altra utilità” costituisce senza dubbio alcuno una spinta propulsiva in avanti verso il buon funzionamento delle Amministrazioni dello Stato, anche decentrate.
Quando ho presentato il 10 maggio scorso la mia prima proposta di legge di modifica di detto articolo qui alla Camera, proprio questa di cui oggi mi trovo a discutere il 416 ter del codice penale, devo ammettere che non mi sarei aspettato di trovare almeno altre due proposte di legge, presentate da deputati di altri schieramenti politici, del tutto simili, se non identiche, alla mia. Questa similitudine tra disegni di legge, a ben ragionare, è dipesa dal fatto che molti parlamentari hanno aderito appunto alla campagna di sensibilizzazione partita dall’associazione “Riparte il futuro” e da don Luigi Ciotti, coinvolgendo 277 deputati, di tutti gli schieramenti politici, sia di centrodestra che di centrosinistra. Trattasi di deputati che si sono pubblicamente impegnati a lottare nei confronti della dilagante corruzione attraverso l’aggiunta dell’inciso “altra utilità” alla originaria formulazione della norma contenuta nell’articolo 416 ter codice penale.
La somiglianza mi aveva fatto positivamente sperare, nel senso che mi tranquillizzasse il fatto che il contenuto del mio disegno di legge, in un modo o nell’altro, sarebbe stato recepito dalla Camera intera proprio in virtù della massiccia aderenza parlamentare al progetto “Riparte il futuro”. Mi dicevo: qualora non dovesse passare il mio disegno di legge, sarebbe comunque passato un altro disegno di contenuto del tutto analogo al mio.
Tuttavia le cose sono andate diversamente. Le originarie istanze contenute nei disegni di legge summenzionati sono state affiancate da preposizioni e depenalizzazioni che davvero nulla avevano a che fare con la “ratio” della riforma. Sono emerse nuove criticità che non posso non rendere evidenti oggi in quest’Aula.
Per enucleare tali criticità è necessario raffrontare la vecchia disciplina contenuta nell’art 416 ter con quella oggetto di discussione.
Parliamo della vecchia formulazione, ricordando che il soggetto attivo del reato è un uomo politico, candidato alle elezioni, il quale accetta la promessa di voti da parte di un’associazione mafiosa ed in cambio di tale promessa versa denaro a tale associazione mafiosa.
Colui che promette i voti (cioè il mafioso) invece non viene sanzionato dall’articolo 416 ter, bensì viene sanzionato dal combinato disposto del primo e terzo comma art 416 bis cp, e pertanto risponde del reato di associazione mafiosa in qualità di membro di tale associazione. La cui pena prevista, ricordiamolo, va dai 7 ai 12 anni.
Il delitto di cui all’articolo 416 ter si distingue per la presenza di un esponente di un’associazione mafiosa che, assicura l’intervento della propria realtà mafiosa – la quale opera attraverso la sua forza di intimidazione ovvero attraverso la prevaricazione mafiosa – al fine di condizionare quindi la scelta del voto.
La promessa di voti effettuata dall’associazione mafiosa mediante proprio appartenente concerne non tanto la scelta elettorale degli appartenenti al sodalizio (il c.d. voto di cosca,), quanto la scelta elettorale effettuata da soggetti terzi (e quindi soggetti non appartenenti alla cosca ma che appunto subiscono le intimidazioni dell’associazione mafiosa e votano secondo quanto viene loro imposto dalla cosca).
La giurisprudenza ha chiarito che il politico è colpevole anche quando non eroga materialmente il denaro ma anche quando promette tale erogazione di denaro (quindi promessa di voti effettuata dal mafioso contro promessa di denaro effettuata dal politico).
La condotta dell’art. 416-ter lede dunque l’interesse alla tutela dell’ordine pubblico, interesse leso dal connubio tra mafia e politica.
Ebbene la pena prevista per il mafioso che promette voti al politico va da 7 a 12 anni (ma lo ripetiamo ancora una volta la pena è prevista non nell’articolo 412 ter bensì nell’articolo 412 bis). La stessa pena, da 7 a 12 anni, è prevista anche per il politico che promette denaro alla mafia, ed il fatto che la pena sia la stessa è conseguenza del fatto che il disvalore punito è il connubio tra mafia e politica. Se il politico scende a patti con il mafioso allora questi viene punito con la stessa pena con cui è punito il mafioso stesso. Il politico viene sostanzialmente equiparato al mafioso.
Ora, sarà punito il politico il quale non solo promette denaro al mafioso in cambio di voti, bensì anche il politico che promette al mafioso altre utilità quali posti di lavoro, aggiudicazione di gare d’appalto, conferimento di incarichi di consulenza e tanto altro ancora.
Ma è necessario ed indispensabile analizzare le altre modifiche apportate al testo normativo ed è proprio qui che dobbiamo esprimere il nostro rammarico.
Iniziamo ad analizzare come viene visto il politico che si relaziona con l’associazione mafiosa nella nuova formulazione dell’articolo.
Per prima cosa dobbiamo notare la riduzione della pena comminata nei confronti del politico che scende a patti con il mafioso per ottenere supporto elettorale. Mentre prima la pena prevista andava dai 7 ai 12 anni adesso, per la medesima fattispecie delittuosa la pena scende da 4 a 10 anni.
Mentre prima il politico che pagava denaro al mafioso per ottenere voti rischiava dai 7 ai 12 anni adesso lo stesso politico rischia dai 4 ai 10 anni!
Il connubio politico-mafioso viene visto adesso come un qualcosa di meno grave, come un qualcosa da depenalizzare, come un reato di minore gravità. La cronaca giudiziaria dell’ultimo anno ci ha portato all’attenzione numerosi casi (o ipotesi di accertamento) di connubio politico-mafioso ed il legislatore, operando cosi come sta operando, rischia addirittura di incentivare questo tipo di condotta criminosa! È come se il legislatore stesse spingendo il politico a scendere a patti con il mafioso in quanto sta abbassando la pena per questo tipo di reato!
Siamo al paradosso !
Vediamo adesso come viene visto il mafioso che si relaziona con il politico. Ed è proprio qui che vedo le maggiori criticità.
Il secondo comma della norma sostanzialmente stabilisce che anche il mafioso che promette voti è punito con la pena da 4 a 10 anni (invece ricordiamoci che con la vecchia formulazione il mafioso che promette voti è punito in forza del 416 bis comma terzo). A parte il difficile coordinamento proprio con il terzo comma dell’articolo 416 bis, operando in questo modo si sta depenalizzando un reato di mafia! Si sta depenalizzando il mafioso che promette voti al politico! Mentre prima, per la medesima fattispecie delittuosa, il MAFIOSO era punito con la reclusione da 7 a 12 anni adesso lo stesso MAFIOSO viene punito con la pena da 4 a 10 anni! Lo Stato sta incentivando il mafioso a scendere a patti con il politico in quanto gli sta depenalizzando una fattispecie.
Fatte queste dovute precisazioni, per prima cosa mi auguro che le criticità che ho sottolineato poc’anzi possano essere corrette in Aula attraverso mirati emendamenti. L’ultima spiaggia della legalità applicata. L’ultimo salvataggio che ancora possiamo operare su questo articolo.
E’ un contentino, forse, un piccolissimo passo avanti, una goccia. Il Movimento 5 Stelle avrà la pazienza di ripulire, allora, nel tempo “goccia a goccia” l’Oceano di mal politica italiana.