Presidente, colleghi, Ministro, questa sera il Governo Letta mette il fiocco sul decreto-legge della «Terra dei fuochi»: è nato ! Mentre una parte dell’informazione accoglie la notizia con felicitazioni vivissime, noi usciamo invece dal coro dei festeggiamenti per dire che questo decreto è la sintesi dell’Esecutivo, inconcludente ed inefficace. Quando non rinvia al «faremo», fa ancora più danni: nel metodo lacunoso e nella scelta inconsistente. È un decreto-legge farlocco. Invece di svolgere il tema, sono state date solo delle generiche tracce, mentre nello specifico in queste terre ci si ammala e si muore.
È un provvedimento che sfrutta l’urgenza, ma senza le opportune e adeguate misure di urgenza che la situazione richiede. Sarebbe bastato consultare comitati ed associazioni impegnati territorialmente per dare un volto di concretezza al decreto.
Il Governo lascia sospesi diversi problemi e nemmeno secondari, sui quali con non poca fatica siamo riusciti a mettere un po’ di ordine. In primo luogo, sulle bonifiche, dopo l’assenza assoluta nel testo iniziale, se non nel sottinteso dei compiti dell’ennesima commissione interministeriale e dell’ennesimo comitato tecnico-scientifico, di regole chiare circa i tempi, i modi e i criteri di scelta dei soggetti cui affidare compiti tanto delicati e onerosi, i primi spiragli messi nero su bianco si sono aperti solo grazie al prezioso contributo, attuato attraverso il lavoro di Commissione, al quale abbiamo contribuito con le proposte raccolte direttamente tra i concittadini della «Terra dei fuochi», coi quali, a differenza di quanti credono che per poter gestire le problematiche di quel territorio bastano poche righe scritte su un foglio, ci siamo confrontati e fatti portavoce delle loro istanze in Commissione e adesso in Aula.
In secondo luogo, sulla mappatura dei terreni, che è poi a monte delle bonifiche, il sistema con cui si intende procedere, pur nell’apparente volontà di definire criteri chiari con cui operare verso cui abbiamo spinto introducendo piccole, ma sostanziali precisazioni, come la necessità di indagare anche le acque di falda, appare nebuloso e confusionario con una serie di scadenze temporali e di interventi sui terreni subordinati a pareri preventivi il cui rischio concreto e tangibile è quello di rallentare tra balzelli vari un processo che, oggi più che mai, richiede invece costanza e decisione.
Leggendo l’ultimo testo del decreto, relativamente agli interventi da attuare sui terreni che dovessero risultare contaminati, e dopo una già definita serie di istruzioni che regolamentano il modo di operare ai fini dell’individuazione dei terreni da destinare a produzioni non alimentari, fa specie leggere ancora una volta «sulla base di ulteriori indagini». Ulteriori indagini ? Ma, dopo aver acquisito le documentazioni e i dati da parte delle regioni e degli altri enti coinvolti nelle attività di monitoraggio passate e presenti, dopo aver predisposto una campagna di interventi mirati, con l’ausilio delle professionalità in seno agli organi coinvolti come il Corpo forestale dello Stato, piuttosto che il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, di quali «ulteriori indagini» si parla ? Perché, se esistono sistemi di controprova finali, capaci di emettere risultati certi, tanto vale utilizzarli fin da subito e non come «ulteriori indagini».
In terzo luogo, sull’agroalimentare, come pensate di tutelare la filiera economica campana e, in special modo, quei prodotti coltivati e lavorati all’origine tra Napoli e Caserta, nonché la salute di milioni di consumatori, non solo campani ma di tutto il mondo ? L’immagine esageratamente distorta di queste terre ha provocato un crollo di vendite pari al 35-40 per cento. Lo dice la Confederazione italiana agricoltori.
Ai consumatori non servono le rassicurazioni di una politica che, troppe volte ed ancora oggi, continua a mentire agli italiani. Per non parlare dell’idea di coinvolgere l’Istituto nazionale di economia agraria in un’analisi – si legge in uno degli emendamenti – sulle prospettive di vendita dei prodotti agroalimentari delle aree individuate come prioritarie nelle indagini condotte sui terreni, verificando le principali dinamiche del rapporto tra la qualità dei prodotti agroalimentari e la qualità percepita dal consumatore.
Sembra quasi un tentativo di non rassicurare il consumatore sulla qualità dei prodotti ma di raggirarlo, in nome di chissà quali regole del mercato.
Quarto: è di queste ore la notizia che il Governo ha previsto dei fondi per gli screening, una «toppa» in vista di questa discussione in Aula. Un’iniziativa ad orologeria. Leggiamo di 50 milioni di euro destinati ad analisi medico-sanitarie sulla popolazione. Lo scorso mese ci veniva risposto che non c’erano fondi. Di colpo sono usciti. O non sapete fare i conti o i soldi non ci sono solo per le nostre proposte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Il 4 novembre scorso quest’Aula bocciò la nostra proposta di indagine epidemiologica contenuta nella mozione sulla «Terra dei fuochi», che proponeva pure la videosorveglianza nei punti nevralgici degli sversamenti ed indi dei roghi tossici. L’Aula sentenziò che i criminali dei rifiuti potessero continuare a sversare allegramente, rispettando la loro privacy. La descrizione dei malfattori va tutelata più degli abitanti.
Ma, di fronte al «gioco» di prestigio con cui sono comparsi questi fondi, che tuttavia riteniamo una buona notizia per cominciare a dare linfa alla lotta contro l’emergenza sanitaria incombente sul territorio, non possiamo non alzare l’attenzione su come o, meglio, dove saranno incanalati tutti questi soldi che, levati i costi della burocrazia amministrativa e strumentalistica, potrebbero bastare a svolgere con serietà le indagini medico-sanitarie a tutela e salvaguardia di circa 4 milioni di persone.
La Campania, infatti, grazie ad una collaudata strategia politico-clientelare, è stata il laboratorio dei commissariamenti, degli interventi di somma urgenza e dei conseguenti dirigenti strapagati, che anticipava la logica delle larghe intese, che all’epoca hanno edificato ricchezze sul «magna magna» dei rifiuti e dei conseguenti disastri ambientali, con i danni che tutti sappiamo. E dal momento che questo decreto è nato ancora una volta sotto la stella del profilo emergenziale, non possiamo esimerci dal sottolineare tale punto e urlare che la «Terra dei fuochi», così come le zone devastate dal punto di vista ambientale del Paese, non chiedono interventi straordinari o emergenziali ma un sano ritorno alla normalità e al rispetto delle regole.
Sugli interventi sanitari, ricordiamo che alcuni concittadini si sono recati fuori regione per ricevere le adeguate cure del caso o stabilire la quantità precisa di metalli pesanti o inquinanti presenti nel proprio organismo. Dovrebbe essere, apprendiamo, l’Istituto superiore di sanità a curare questa fase. Tuttavia, tra le interrogazioni alle quali non ho mai avuto risposta vi è pure quella sul centro antiveleni del «Cardarelli» di Napoli, una struttura che non è mai stata potenziata, mancante dei servizi e risorse esistenti come in un qualsiasi altro centro italiano preposto ai compiti svolti al pubblico per avvelenamenti o intossicazioni. Allora, se screening deve essere che si riparta dal pubblico, ridando linfa a strutture che fino a oggi, tra mille difficoltà e la concorrenza sleale di strutture private con evidenti conflitti di interesse, continuano a distinguersi come autentiche eccellenze nel settore sanitario. E penso ancora al «Cardarelli», il nosocomio più grande del Mezzogiorno, all’istituto «Pascale», piuttosto che il «Monaldi»… Il pubblico.
Quinto: sugli sversamenti abusivi di rifiuti industriali e sul collegamento di questa attività al lavoro nero, è lecito supporre che si tratta di attività che andranno avanti ancora dopo questo decreto; che nella miopia – senza offesa per i miopi – della proposta di introduzione del reato di incendio di rifiuti e l’idea di impiegare l’Esercito per perseguire i responsabili abbandonandosi alla logica dell’emergenza, si è completamente dimenticato l’elemento fondamentale di contrasto al traffico illecito di rifiuti che è la prevenzione e, cioè, il controllo della fonte e l’indagine sul sommerso, che potrebbe non solo frenare il flusso illecito di rifiuti ma addirittura, con le dovute strategie, creare un nuovo orizzonte di rilancio economico e lavorativo.
Non una parola sul leggendario Sistri, poiché, per tutte le volte che è stato annunciato e per le altrettante volte in cui non se n’è vista traccia, leggendario è il termine adatto per definire questo famigerato sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, che al momento vive solo in una striminzita circolare che ne sancisce l’obbligo di adozione, a scaglioni per tutti gli enti obbligati ad adottarlo entro il prossimo mese di giugno.
Non una parola su sanzioni che potrebbero riguardare chi non si mette in regola o che addirittura si rende colpevole della manomissione del sistema. Basta ricordare la famigerata tecnica del giro di bolla con la quale attraverso la falsificazione dei documenti di trasporto dei camion che trasportavano veleni lungo l’asse Nord-Sud si è alimentato un avvelenamento di massa senza precedenti ai danni delle popolazioni campane.
Ma evidentemente quando ad essere a rischio sono gli interessi più alti, come quelli dei grossi comparti industriali, questo Governo non si mostra così forte come fa con il piccolo delinquente che sferza e appicca. In definitiva, e mi avvio alla conclusione, la «Terra dei fuochi» merita provvedimenti seri, non spot, martoriata com’è da industriali senza scrupoli che non potevano non sapere dove andassero i loro rifiuti con quei costi ridicoli di smaltimento, una terra dimenticata per anni dallo Stato, lasciata morire a se stessa. Qualcuno di questo Governo dovrebbe chiedere scusa alla popolazione. Sarebbe pure ora come rappresentanti governativi.
Non sono passati anni da quando due Ministri, qualcuno in carica ancora, sostenevano che i tumori fossero da addurre agli stili di vita condotti in questi luoghi. Come se il fumo e l’obesità provocassero tutti i cancri e le morti premature di bambini e di giovani. Come se fosse stato un problema di patatine fritte o di colesterolo alto. Proprio il 5 gennaio scorso lei, Ministro Orlando, ha riconosciuto con un tweet che vi è un legame tra inquinamento e malattia. Di colpo gli allarmisti sono diventati cittadini impegnati e da rispettare. I negazionisti continuano a ricoprire invece i loro profumati incarichi e poltrone. Ancora, chi sbaglia non paga.
Sotto l’albero di Natale abbiamo trovato il decreto, lo abbiamo sfogliato e studiato, approfondito e cercato di migliorare con i nostri emendamenti, alcuni dei quali clamorosamente bocciati da una strana maggioranza, alla quale è attaccato un Governo che, stando ancora a quello che vediamo, naviga a vista tra gli iceberg.
Ricordiamo allora di quali emendamenti si trattava: per la pubblicazione, da parte dell’Istituto superiore di sanità, del registro tumori e delle analisi epidemiologiche in Campania, per l’aggravamento delle pene per chi inquina e il divieto di realizzare discariche e inceneritori in aree a rischio ambientale. Non erano emendamenti del MoVimento 5 Stelle, ma dei cittadini, cari parlamentari della maggioranza, cittadini, che il 28 dicembre scorso alla galleria Principe di Napoli ci hanno portato i loro suggerimenti, consigli, proposte di modifica. Erano emendamenti di comitati ed associazioni, che a nostro avviso rappresentavano il desiderio di un territorio di avere giustizia e certezza di poter svoltare.
La nostra politica non è andare nei salotti televisivi a dire una cosa ed a farne un’altra in Aula, ma favorire realmente la partecipazione democratica dei cittadini mediante incontri pubblici e l’ausilio di Internet (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Lunedì 13 gennaio, alle 14, sono scaduti i termini di presentazione degli emendamenti al testo unificato che ha assorbito alcuni dei punti cardine della mia proposta di legge sull’inasprimento delle pene per i delitti ambientali. Un testo che farà la differenza con questo decreto di facciata, uno spot per dire alla gente: stiamo facendo, sì, ma cosa ? Sarebbe stato meglio non fare affatto, per non creare confusione. Si è scelto di non scegliere con ragionevolezza. Il decreto di sicuro passerà, ma non il problema roghi e l’inquinamento ambientale. Andava formulato un decreto ad hoc per la Terra dei fuochi. Meritava questo, perché è un caso anomalo di inquinamento ambientale, senza precedenti nella storia italiana.
Vogliamo bloccare la proliferazione incontrollata degli impianti di trattamento termico, siano essi gassificatori o a biomasse che potrebbero nascondere dietro soluzioni apparentemente sostenibili un ulteriore aggravamento dell’inquinamento ambientale, legato alla diffusione in atmosfera di sostanze presenti nel terreno con specie vegetali non alimentari. Insomma, vogliamo restituire ai cittadini suoli bonificati e non compromettere ulteriormente la qualità dell’aria. Vanno analizzati pure i suoli edificabili per scongiurare che nelle fondamenta delle case siano sotterrati rifiuti pericolosi, tossici o chissà peggio altro. Aspetto questo che pone grande attenzione sulla questione del cambio di destinazione dei suoli all’atto della realizzazione dei nuovi PUC, cambio che potrebbe intervenire al momento di assenza di criteri precisi di identificazione di suoli contaminati che, se ritenuti inutilizzabili ai fini agricoli, potrebbero aprire la strada a nuove e sciagurate speculazioni edilizie.
Vogliamo introdurre la coltivazione di essenze vegetali per svolgere la fitodepurazione. Vanno definiti i parametri delle acque irrigue e i parametri dei terreni food e no food. Questo decreto sull’emergenza ambientale non risolve proprio nulla. Einstein diceva:«I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza di chi li ha creati».
Un’ultima cosa: quando parliamo di Terra dei fuochi parliamo di Italia, non di un Paese straniero. Quindi, capirete che il problema è dell’Italia intera. Quando capirete questo, forse inizierete a capire il problema (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).