Torniamo oggi in Aula per discutere e votare il decreto legge che dovrebbe adottare misure di contrasto e prevenzione al terrorismo, un fenomeno tristemente noto non solo oramai più nell’area che va dalla Siria all’Iraq ma pure oltre, è di recente l’attentato al Museo del Bardo a Tunisi.
Il decreto legge in esame avrebbe dovuto, nelle annunciazioni del Governo, adeguare le disposizioni normative interne ad esigenze legate alla c.d. “emergenza terrorismo” nonché alla necessità di dare attuazione alla risoluzione 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, vincolante per gli Stati. Rischia invece – come in larga parte dimostrato dai decreti che in modo ininterrotto si sono succeduti in questi venti anni su questi argomenti di rappresentare più che una soluzione al problema della minaccia del terrorismo alla pace e alla convivenza tra i popoli, il proseguimento di una politica internazionale fallimentare che ha reso il nostro pianeta più insicuro.
Per il Global Terrorism Index il terrosimo è: “L’uso minacciato o effettivo della forza illegale e della violenza da parte di un attore non statale per raggiungere un obiettivo politico, economico, religioso o sociale attraverso la paura, la coercizione o l’intimidazione”. Il terrorismo è diventato un fenomeno globale con un aumento, nel 2013, del 61% di morti in attacchi terroristici nel corso dell’ultimo anno. Nel dettaglio: se nel 2000 le vittime sono state 3.361, nel 2013 l’attività terroristica è aumentata notevolmente, il numero di morti è salito da 11.133 nel 2012 a 17.958 nel 2013, registrando, come detto, un aumento del 61%. Oltre l’80% delle morti per attività terroristiche nel 2013 si è verificato in soli cinque paesi: Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria.
Il decreto in esame promette norme per una efficace lotta al terrorismo internazionale, tuttavia, sia la modalità di trattazione della materia che l’impianto normativo non appaiono adeguati a costituire la risposta efficace che i cittadini si aspettano e hanno il diritto di pretendere dallo Stato.
Illustri esponenti della lotta al terrorismo internazionale, coloro che quotidianamente si adoperano per la sicurezza del nostro territorio, hanno evidenziato chiaramente, in sede di audizioni in Commissione, l’ insufficienza delle norme contenute nel decreto per “vaghezza delle formule utilizzate”.
Vi faccio un esempio spicciolo: all’articolo 1 (iniziano bene proprio!) non è affatto chiaro cosa si intenda, per persona arruolata; la genericità del termine rischia di comportare conseguenze gravi in termini di assunzione di iniziative inquirenti nei confronti di una massa tanto eterogenea quanto numerosa di condotte. Il termine “arruolati” non è definito e rimane, pertanto, suscettibile di un numero eccessivo di interpretazioni, ancora una volta rimettendo nelle mani del magistrato una scelta che spetta, invece, al legislatore.
I medesimi rilievi valgono per il nuovo reato di “viaggi finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo” che viene legato al dettato dell’art. 270 sexies c.p. Ovvero quelli che partono dai Paesi europei per combattere contro o a favore di queste sigle del terrore.
Il Governo, da un lato, rivendica, ancora una volta, il diritto alla decretazione d’urgenza e lo fa utilizzando il riferimento all’emergenza “terrorismo internazionale”, dall’altro, incide su condotte che non hanno alcuna finalità di terrorismo internazionale ma che, probabilmente, costituiscono un fastidioso ostacolo alla realizzazione di attività permeate da elevate opportunità per interessi particolari: l’organizzazione di un viaggio da Tivoli alla Val di Susa, magari collegato al No TAV, rientra in questa fattispecie.
Il Governo poi, non tiene conto delle drknet puntando invece all’uso di internet semplice come unq ualsiasi internauta può intenderlo. Parliamo di un mondo sommerso, non tracciato dove avvengono i reclutamenti, gli scambi di informazioni, la diffusione di video, gli accordi per lo scambio di armi e droga. L’Internet che noi conosciamo contiene circa il 20% delle informazioni di pubblico dominio. E’ ingenuo, o meglio ipocrita, dichiarare di voler combattere il terrorismo se si pretende di farlo con il pugno di ferro contro i siti internet, i blog ed i social quando in realtà le vere attività terroristiche si svolgono tranquillamente nella darknet.
I normali motori di ricerca, utilizzati da tutti per trovare i contenuti del Web, usano dei software, chiamati “crawler”, che seguono gli hyperlink. Questa tecnica si rivela inefficace per ritrovare le risorse del Web nascosto; i Web-crawler, per esempio, non sono in grado di interrogare un database di una pagina dinamica dato il numero infinito di termini che si potrebbero ricercare.
Il decreto darà solo l’illusione che il governo italiano stia agendo in nome della sicurezza dei suoi cittadini, mentre in concreto sta attuando un pesante passo verso l’imbavagliamento dei nuovi e più diffusi mezzi di espressione.
Anche stavolta ad una domanda così seria come l’emergenza terrorismo il Governo Renzi dà un’aspirina a fronte di una seria cura magari anche di capillare prevenzione facendone l’ennesimo motivo di parallelismo di poteri e di inadeguate risposte.
Sappiatelo cari cittadini! Oggi, in Aula e per tutta la durata dei lavori di questo decreto contrasteremo questo Atto, non perchè siamo contro a prescindere ma perchè siamo contro la superficialità, al tanto per fare, noi vogliamo invece che le cose si facciano e benissimo.