Con riferimento alle questioni poste, si fa presente, in via preliminare, che il DPR dell’8 settembre del 1997, n. 357, dispone, all’articolo 12, comma 3, un divieto radicale alla reintroduzione, all’introduzione e al ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone. Ai sensi dei commi 1 e 2 della medesima disposizione, invece, il ripopolamento delle specie autoctone è consentito sulla base di linee-guida adottate dal Ministero dell’ambiente e previa autorizzazione rilasciata dal medesimo Ministero secondo le modalità e con le garanzie previste dalla norma in questione.
Il predetto divieto si è rilevato nella pratica eccessivamente stringente, atteso che lo stesso impedisce l’introduzione di specie alloctone in qualsiasi evenienza, ivi compresa la lotta biologica. Il carattere fortemente restrittivo del divieto in parola emerge anche in relazione all’articolo 22, paragrafo 1, lettera della “direttiva Habitat”, alla quale l’articolo 12 del predetto DPR n. 357 dà attuazione. Secondo tale previsione, infatti, in materia di introduzione di specie alloctone, occorre che gli Stati membri adottino particolari cautele, che non si traducono tuttavia necessariamente in un divieto secco ed inderogabile.
Alla luce del predetto quadro normativo, è attualmente in corso l’iter per la modifica dell’articolo 12 del più volte citato DPR. Più nello specifico, si tratta di una modifica che, ove definitivamente approvata, tempererebbe il divieto in oggetto, consentendo l’immissione anche di specie e di popolazioni non autoctone, con le garanzie derivanti dalla prevista necessità di linee-guida ministeriali e dall’autorizzazione caso per caso del Ministero all’ambiente, in linea con la “direttiva Habitat”.
Questa proposta trova riscontro anche nei rilievi tecnici dell’ISPRA, secondo la quale, pur essendo il predetto divieto condivisibile in linea di principio, l’introduzione controllata di agenti esotici ai fini di controllo biologico può concorrere a combattere gli impatti di specie esotiche invasive vegetali e animali, contribuendo quindi in alcune circostanze alla tutela ambientale.
Ciò, naturalmente, a condizione che l’attività sia attentamente pianificata, anche prevedendo test specifici sugli agenti, valutata con una rigorosa analisi del rischio e, se del caso, anche sottoposta ad un attento monitoraggio post rilascio.
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