La mia risposta alla Camera dei Deputati all’interrogazione della portavoce Cunial concernente iniziative di competenza volta alla tutela della salute in relazione ai campi elettromagnetici a radiofrequenze, durante la seduta antimeridiana del 6 novembre 2018.
Con riferimento alle questioni poste occorre evidenziare, in primo luogo, che in Europa l’inquinamento elettromagnetico ambientale, salvo per quanto concerne l’esposizione in luoghi di lavoro e la compatibilità elettromagnetica di talune apparecchiature, non costituisce oggetto di atti comunitari vincolanti per gli Stati membri. Infatti, come evidenziato anche dal Ministero della salute, non risulta che l’Unione europea abbia stabilito nuovi di esposizione ai campi elettromagnetici.
Il quadro normativo europeo vigente a cui fare riferimento è costituito dalla raccomandazione 1999/519/CE e dalla direttiva 2013/35/UE che riguardano, rispettivamente, la popolazione e i lavoratori professionalmente esposti e si riferiscono alla protezione dagli effetti scientificamente accertati dei campi elettromagnetici. In particolare, la predetta raccomandazione stabilisce che le misure riguardanti i campi elettromagnetici dovrebbero offrire a tutti i cittadini e alla comunità un elevato livello di protezione. A tal proposito si rappresenta che l’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection sta attualmente rivedendo le linee guida sulla limitazione dell’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici previste dalla raccomandazione. Il processo di consultazione è terminato il 9 ottobre 2018; dopo novanta giorni di consultazione, tutti i commenti saranno esaminati dai membri dell’ICNIRP per la finalizzazione del progetto.
Per quanto concerne la normativa nazionale, è stata adottata la legge 22 febbraio 2001 n. 36, recante “legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, con lo scopo di assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione, nonché la tutela dell’ambiente e del paesaggio, mediante la promozione sia dalla ricerca scientifica per la valutazione degli effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sia dell’innovazione tecnologica finalizzata a minimizzare l’intensità e gli effetti dell’esposizione.
Il nostro Paese ha fondato la disciplina contenente la citata legge sul principio di precauzione, con specifico riferimento agli impianti, ai sistemi e alle apparecchiature per usi civili e militari e delle forze di polizia, che possono comportare rischi per la salute con specifico riferimento alla frequenza da zero a 300 miliardi di Hertz. L’individuazione dei valori limite, rimessa dalla legge a decreti successivi, è stata poi operata con due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri l’8 luglio 2003. Il primo si applica alle sorgenti fisse e ad alta frequenza e stabilisce i valori limite al fine della protezione della popolazione dagli effetti indotti dai campi elettromagnetici e gli obiettivi di qualità ai fini della progressiva minimizzazione del rischio, nonché le tecniche di misurazione, di rilevamento dei livelli di immissione elettromagnetica. Il secondo fissa i valori limite relativi alle sorgenti di frequenza estremamente basse, in particolare agli elettrodotti.
I predetti limiti di emissione elettromagnetica vigenti in Italia sono inferiori e non allineati a quelli in vigore negli altri Paesi europei e sono stati stabiliti in ottica prudenziale, nel dubbio di effetti negativi di lungo periodo per la salute umana derivanti da esposizione prolungata ai campi elettromagnetici. A ciò si aggiunga, pertanto, che la richiamata normativa nazionale prevede che un apposito comitato interministeriale preveda l’aggiornamento dello stato delle conoscenze conseguenti alla ricerca scientifica prodotta a livello nazionale e internazionale sul tema.
Il Ministero della salute ha fatto, inoltre, presente che la valutazione del rischio sanitario associato all’esposizione ai campi elettromagnetici è basata su migliaia di studi condotti negli ultimi decenni in ambito epidemiologico e sperimentale. Tali studi, sia in vivo che in vitro, hanno prodotto un ricchissimo quadro di riferimento e un elevato grado di condivisione a livello mondiale delle politiche di protezione e concordano nel ritenere che il rischio di eventuali effetti sanitari a lungo termine associato all’esposizione ai campi elettromagnetici e alle radiofrequenze, inclusi i telefoni cellulari, rivesta, allo stato dell’arte, un carattere del tutto ipotetico e non di certezza. Lo stesso Ministero ha segnalato il progetto Interphone, il più vasto studio epidemiologico sull’occorrenza di tumori intracranici in relazione all’uso di telefoni mobili finora realizzato, coordinato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e realizzato contemporaneamente in 13 Paesi del mondo, inclusa l’Italia. Questo studio non ha evidenziato alcun aumento del rischio di glioma, meningioma o neurinoma del nervo acustico negli utilizzatori di telefoni cellulari rispetto ai non utilizzatori, né incrementi del rischio all’aumentare degli anni trascorsi dall’inizio dell’uso (fino a 10-13 anni), del numero totale di chiamate effettuate o delle ore totali di uso. In particolare, a causa dell’assenza delle relazioni dose-risposta, che tipicamente caratterizzano i cancerogeni noti, gli autori dello studio Interphone ritengono che non sia possibile interpretare questa osservazione in termini di rapporti di causalità.
Sempre secondo il Ministero della salute, gli studi caso-controllo di Hardell e collaboratori, citati dall’interrogante, non sono coerenti con le altre evidenze epidemiologiche disponibili e non sono compatibili con i temporali dell’incidenza di tumori intracranici, come ripetutamente osservato in recenti studi di simulazione effettuati su serie storiche ventennali in popolazioni di grandi dimensioni. Diversamente da altri gruppi di ricerca, tra cui Interphone, il gruppo di Hardell non ha peraltro condotto studi collaterali finalizzati a valutare la presenza di distorsioni e a stimarne l’impatto sui risultati degli studi caso-controllo.
Il Ministero della salute ha evidenziato, altresì, di avere finanziato, presso il Centro nazionale di controllo delle malattie, il progetto triennale CAMELET, sviluppato dall’Istituto superiore di sanità, che, tra le altre cose, ha creato un sito tematico, finalizzato a fornire ai cittadini un quadro globale dei risultati delle ricerche delle più innumerevoli organizzazioni nazionali e internazionale, delle normative di protezione e delle strutture preposte al controllo dei campi elettromagnetici.
Più recentemente, è stato inoltre predisposto un ampio dossier su “Telefoni cellulari e salute” sul portale istituzionale del Ministero della salute, redatto in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e approvato dal Consiglio superiore di sanità per rispondere alla specifica tematica, che contiene anche informazioni generali sullo stato di salute e dell’arte delle conoscenze scientifiche.
Alla luce delle informazioni esposte emerge, dunque, che il Ministero dell’ambiente e il Ministero dalla salute seguono, da sempre, con costante attenzione, il tema dei possibili rischi per la salute derivanti dai campi elettromagnetici e che continueranno a monitorare l’evoluzione delle conoscenze scientifiche sul tema, anche al fine di valutare possibili revisioni della disciplina.