L’Ecomafia non conosce lockdown: nel 2020, anno della pandemia di Covid-19, in Italia sono stati 34.867 i reati ambientali accertati (+0,6% rispetto al 2019), con una media di oltre 95 reati al giorno, 4 ogni ora.
Lo denuncia il nuovo rapporto Ecomafia 2021, realizzato da Legambiente.
In aumento le persone denunciate (33.620, +12%), le ordinanze di custodia cautelare eseguite (329, +14,2%), i sequestri effettuati (11.427, +25,4%). Scende il numero complessivo dei controlli, da 1.694.093 a 1.415.907 (-17% rispetto al 2019). Con 5.457 reati accertati di illegalità ambientale nel 2020, al ritmo di 15 reati al giorno, seppure con una leggerissima flessione degli illeciti (92 in meno rispetto al 2019), ma un incremento delle persone denunciate (ben 654, pari al 15,5% in più), degli arresti, più che raddoppiati (50 contro i 24 del 2019) e dei sequestri (131 in più nel corso del 2020), la Campania, si conferma la regione dell”ecomafia a livello nazionale. L’emergenza sanitaria non ha bloccato gli incendi boschivi: 4.233, +8,1% rispetto al 2019. Poco meno di uno ogni ora i reati contro gli animali – 8.193, il 23,5% del totale di quelli ambientali – con 6.792 persone denunciate, oltre 18 al giorno, 5.327 sequestri e 33 arresti. Numeri comunque in difetto rispetto alla realtà.
Calendarizzare al più presto la nostra proposta di legge “terra mia”, con tutela ancora maggiore per i nostri territori.
“Questa nuova edizione del rapporto Ecomafia rappresenta un’efficace cartina di tornasole del ruolo degli ecocriminali nell’era COVID-19. Il 2020 è stato, infatti, l’anno in cui la vita degli abitanti del pianeta è stata stravolta, terribilmente e improvvisamente. A fronte di questa situazione inaspettata, causata da una drammatica pandemia, la criminalità ambientale in Italia non si è fatta trovare impreparata. È riuscita a tenere botta, sia nelle attività illegali sia nel relativo business, nonostante i colpi inferti da magistratura e forze di polizia, descritti puntualmente nelle pagine di questo libro.
È evidente il monito che emerge dalla lettura di questa nuova opera corale della nostra associazione. Non si deve assolutamente abbassare la guardia contro i ladri di futuro, a maggior ragione in un momento storico in cui dovremo spendere ingentissime risorse pubbliche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). È già arrivata la prima tranche di 25 miliardi di euro – sul totale di 191,5 – del programma europeo Next Generation EU riservati all’Italia fino al 2026, a cui si aggiungeranno gli oltre 30 miliardi di euro del Fondo complementare alimentato da risorse nazionali. Va scongiurato in ogni modo il rischio di infiltrazioni ecomafiose nei cantieri per la realizzazione di opere ferroviarie e portuali, impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riciclo dei rifiuti, depuratori, interventi di rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, solo per fare qualche esempio delle opere che servono alla transizione ecologica del paese.
Perché la riconversione dell’economia italiana sia pulita anche nella fedina penale, è necessario alzare al massimo il livello di attenzione da parte degli organi inquirenti, ma anche un’ulteriore, fondamentale contributo da parte di governo e Parlamento. Il lavoro di repressione ha avuto un’impennata della sua efficacia grazie ai delitti contro l’ambiente, che siamo riusciti a far inserire nel Codice penale nel 2015, dopo 21 anni di lavoro incessante. Adesso è tempo di rafforzare con nuovi strumenti la stagione della tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini e delle imprese sane, inaugurata con la legge 68 sugli ecoreati.
Ci vuole un deciso cambio di passo che porti a inserire i delitti ambienta li e di incendio boschivo tra i reati per cui è possibile, vista la loro particolare gravità e complessità, prorogare i termini di improcedibilità previsti dalla riforma della giustizia, approvata dal Parlamento. Avevamo ottenuto lo scorso anno una grande vittoria per l’abbattimento degli abusi edilizi, affidando ai prefetti il compito non svolto dai comuni, ma, a causa di una circolare incomprensibile del ministero dell’Interno che rischia di vanificare questo risultato, è necessario che il legislatore intervenga di nuovo perché questa norma sia applicata anche all’abusivismo storico. Si deve aggiornare il Codice penale inserendo tra i delitti anche le agromafie, il traffico di opere d’arte e di reperti archeologici e il racket degli animali.
Oltre al lavoro repressivo, va sviluppato anche quello preventivo. Visti i numeri molto importanti di progetti da valutare e cantieri da aprire, con rilevanti produzioni di rifiuti, terre e rocce da scavo potenzialmente inquinate, è fondamentale alzare il livello qualitativo dei controlli pubblici ambientali in tutta Italia, a partire dal Centro-Sud. Servono nuove risorse finalizzate all’aumento del personale e all’acquisto della strumentazione innovativa per effettuare i monitoraggi. Si deve procedere speditamente all’approvazione dei decreti attuativi della legge 132 del 2016, che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente puntando sull’integrazione tra l’Ispra e le Arpa. Sono passati cinque anni e il ministero dell’Ambiente prima e della Transizione ecologica poi non ha ancora fatto un passo concreto in questa direzione.
Il rafforzamento del sistema dei controlli preventivi e repressivi, insomma, non si sta compiendo con l’urgenza che sarebbe necessaria, e questo è un serio problema, perché si sta perdendo il momento giusto in cui completare la riforma di civiltà avviata grazie alla legge sugli ecoreati.
Il Pnrr deve permettere la ripresa e la ripartenza del paese, fiaccato da troppi anni di immobilismo sulle politiche ambientali e climatiche e dal terribile virus Sars-Cov-2. E va tenuta alla larga da questa grande trasformazione del paese la criminalità ambientale, con l’annessa rete di colletti bianchi, connivenze e corruttele. Governo e Parlamento diano un segnale immediato su questo fronte. Non c’è più tempo da perdere”.
Stefano Ciafani
Presidente nazionale Legambiente