di ALESSANDRA LONGO
ROMA – Alle cinque della sera i Cinque Stelle fanno i padroni di casa a Montecitorio. Un’ora di teatro (vero) proposta dal gruppo e ospitata nella solenne Sala della Regina. Va in scena Riccardo e Lucia, piéce “tra amore e politica nel Meridione d’Italia”. È la prima volta che il Movimento si concede un intermezzo d’arte nel Palazzo del potere. Il pubblico è quello di una pomeridiana al Brancaccio, qualche faccia emozionata per il battesimo istituzionale. La storia di Riccardo e Lucia vuol essere un messaggio sulla “forza delle cose semplici che fanno sognare”, in prima fila Luigi Di Maio e il deputato Salvatore Micillo, sponsor dell’evento.
Riccardo Lerro è realmente esistito (lo interpreta Pio Stellaccio). Era un poeta, un attivista politico del secondo Dopoguerra confinato in Puglia, figlio di antifascisti, appassionato e romantico, sempre con le violette in mano per la moglie Lucia (Ivana Lotito) ma rigido nei principi. Qui forse sta il profilo in cui si riconosce il Movimento che, non a caso, ha voluto portare a Montecitorio questo lavoro teatrale scritto e diretto da Claudia Lerro, la nipote di quel nonno duro e puro.
Strano effetto vedere la Sala della Regina trasformata in quinta di teatro. Scenografia essenziale, assoluto silenzio in sala. I parenti di Riccardo e Lucia hanno fatto 11 ore di treno per venire a Roma ad assistere allo spettacolo che adesso sarà esportato anche in America.
“Tra singhiozzi dell’anima e dolci serenate” si infila la politica, prima il fascismo poi quella dei partiti del Dopoguerra con le politiche clientelari che soffocano il merito e frustrano chi vuol rimanere a schiena dritta. “La politica si mangia le persone, fascisti e partigiani per me sono tutti uguali “, azzarda Lucia che, nella coppia, è quella con i piedi per terra. Di Maio concentrato in prima fila. Ecco che il protagonista conversa al telefono con “un onorevole”. È un socialista che dovrebbe trovargli un posto. Ma serve accettare il compromesso: “No grazie, onorevole, so che funziona così”. Teatro con messaggio per i presenti: “Se accettiamo che tutti i concorsi siano truccati dove andremo a finire? Un giorno al governo ci troveremo le ballerine…”.
Una “storia del profondo Sud” come dice, alla fine, Salvatore Micillo. Una “storia di un uomo che non ha mai tradito i suoi ideali. Davvero è un grande onore per la politica italiana farla riecheggiare qui”. Nessuno esagera negli applausi, sono tutti un po’ commossi perché i due protagonisti muoiono scambiandosi parole tenerissime.
Anche Di Maio capta il clima e misura le parole: “Sognare è difficile ma rende liberi. Questo posto (la Camera, ndr) ha un profondo bisogno
di rifiutare il compromesso e ritornare a sognare. Grazie mille a tutti voi”. La nipote di Riccardo è quella forse che si spinge più in là: “Vi auguro di riportare la politica italiana agli italiani”. E il sipario si chiude con gran soddisfazione dei presenti.
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